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Ipertrofia prostatica benigna come intervenire

Ipertrofia prostatica

L’ipertrofia prostatica coinvolge la prostata, un organo a forma di castagna che fa parte dell’apparato riproduttore maschile. Produce il liquido prostatico, uno dei costituenti del liquido seminale.

Nel corso degli anni la prostata è soggetta a cambiamenti sia di peso che di volume. In un uomo di 25 anni pesa mediamente 20 grammi ma in età più matura può raggiungere anche i 100 grammi. L’ingrossamento della prostata è sempre associato ad una difficoltà di minzione, questo perché comprime una parte dell’uretra (l’organo che fa fluire l’urina dalla vescica verso l’esterno) che si trova appunto all’interno della prostata.

L’aumento di volume della prostata configura in una patologia chiamata ipertrofia prostatica benigna.

L’ipertrofia prostatica benigna è un disturbo molto comune: colpisce dal 5 al 10% degli uomini intorno ai 40 anni fino ad arrivare all’80% degli uomini di età compresa tra i 70 e gli 80 anni.

Sebbene sia una patologia non grave, è spesso accompagnata da una serie di disturbi che possono compromettere la vita di chi ne soffre:

  • bisogno di urinare frequentemente durante la giornata, con emissione di scarse quantità di urine (pollachiuria);
  • bisogno di urinare frequentemente durante la notte, con conseguente diminuzione delle ore di sonno (pollachiuria notturna);
  • necessità improvvisa di urinare immediatamente (urgenza minzionale);
  • dolore e il bruciore durante la minzione (stranguria);
  • diminuzione del flusso e della forza del getto di urine;
  • sensazione di incompleto svuotamento vescicale al termine della minzione e successivo “fastidio” sovrapubico;
  • forte stimolo a urinare ma difficoltà a iniziare la minzione;
  • dopo aver urinato, si nota la fuoriuscita di alcune gocce di urina (gocciolamento post-minzionale);
  • non si urina con flusso continuo ma con getto intermittente.

 

L’ipertrofia prostatica benigna non è un fattore di rischio per il carcinoma della prostata. In alcuni casi queste due patologie possono coesistere senza che vi sia una correlazione l’una con l’altra.

Ad ogni modo, considerata la frequenza del disturbo, raggiunta una certa età è consigliabile eseguire il dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico) attraverso un semplice esame del sangue. Questo marcatore è indicatore della salute prostatica e un suo aumento non necessariamente è legato alla presenza di un tumore. Si consiglia di fare questo esame intorno ai 48-50 anni perché è improbabile che un tumore alla prostata possa manifestarsi prima. In media, un valore tra i 2 e i 4 ng/mL è indicativo di un corretto funzionamento della prostata, soprattutto se in assenza di sintomi, ma va sempre messo in relazione all’età dell’individuo. Un valore superiore a 10 ng/ml va comunque monitorato.

 

L’ipertrofia prostatica a lungo andare, se non trattata, può portare all’insorgenza di alcune complicanze: diverticoli vescicali, calcolosi vescicali (a causa del ristagno di urina e depositi di cristallo nella vescica), prostatiti e cistiti (a causa della proliferazione batterica sempre dovuta al ristagno dell’urina).

Oggi il medico ha a disposizione diversi farmaci per il trattamento dell’ipertrofia prostatica: gli alfa-bloccanti e gli inibitori della 5-alfa-reduttasi. Gli alfa-bloccanti (alfuzosina, terazosina, tamsulosine doxazosina) agiscono sulla muscolatura del collo vescicale e della prostata. Questi farmaci consentono un buon controllo della sintomatologia. Possono dare in alcuni casi come effetto collaterale l’eiaculazione retrogada: il soggetto continuerà a provare piacere sessuale ma il liquido spermatico verrà rilasciato nella vescica e non all’esterno. Gli inibitori della 5-alfa-reduttasi, invece (finasteride e dutasteride), sono dei farmaci che bloccano un enzima coinvolto nella conversione del testosterone in diidrotestosterone (ormone che influisce sull’accrescimento della prostata e che è fino a 3 volte superiore nei soggetti con ipertrofia prostatica). Fatto restando che i farmaci debbano essere sempre prescritti da un medico, esistono delle sostanze naturali che hanno dimostrato una certa efficacia nel controllo dei sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna, specie se questa presa negli stadi iniziali, rallentandone la progressione.

 

Tra i fitoterapici più riconosciuti vi è la Serenoa repens, una palma nana originaria degli Stati Uniti e con un’antica tradizione. Già i nativi americani la utilizzavano con ottimi riscontri per il benessere delle vie urinarie. I frutti della Serenoa repens, simili a delle grosse olive, sono ricche di steroli e di acidi grassi in grado di bloccare l’enzima 5-alfa-reduttasi e quindi la conversione del testosterone in diidrotestosterone. Questo rallenta la proliferazione cellulare contrastando i processi infiammatori alla base dell’ipertrofia prostatica. Vantaggio della Serenoa repens, al di là della sua dimostrata efficacia, è l’elevata tollerabilità.

 

Nei supplementi nutrizionali specifici per la prostata la Serenoa è spesso associata a sostanze con azione antiossidante (come licopene, vitamina E e Selenio) in grado di limitare lo stress ossidativo che è un fenomeno sempre presente nei processi patologici.

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