La ragade anale è un’ulcerazione lineare dell’ano, talvolta unica e solitaria, situata prevalentemente sulla linea mediana posteriore. Lunga alcuni millimetri, è situata al confine tra la linea pettinata e la cute dell’anoderma. La sua presenza causa dolorosi spasmi dello sfintere anale.
La ragade anale
Per «ragade anale idiopatica» si intende una lesione ulcerativa del canale anale, indipendente da altre patologie proctologiche e/o sisterniche, caratterizzata da una morfologia «a racchetta» o «a goccia», generalmente localizzata sulla commissura posteriore.
Questa definizione isola la ragade anale vera, o idiopatica, da tutte le altre lesioni fissurative o ulcerative del canale anale che riconoscono una eziologia nota.
Nell’ambito delle patologie proctologiche, la ragade anale rappresenta la causa più comune di dolore anale ed e di più frequente riscontro, senza distinzione di sesso, nell’eta giovanile-adulta.
Dal punto di vista clinico-patologico la ragade anale e caratterizzata da tre elementi essenziali:
- l’ulcerazione;
- il dolore;
- l’ipertono sfinteriale.
Un quarto elemento morfologico, che può essere aggiunto a questa classica triade, è costituito dalle lesioni paraulcerative, a significato infiammatorio, rappresentate dalla papilla ipertrofica (localizzata al polo superiore della ragade) e dal cappuccio cutaneo reattivo (annesso infiammatorio del polo inferiore). Tali elementi generalmente caratterizzano la rase cronica della lesione.
Il trattamento medico della ragade anale idiopatica trova un razionale d’impiego nella rase di esordio; una volta divenuta cronica, l’intervento chirurgico, che prevede varie tecniche, costituisce la sola indicazione valida e definitiva.
Cause della ragdane anale
- teoria vascolare;
- teoria meccanica.
In base alla teoria vascolare la ragade anale viene considerata come un’ulcera varicosa del canale anale o, ancor più semplicemente, una complicanza della patologia emorroidaria. Contrastano queste ipotesi la moderna acquisizione della natura artero-venosa della vascolarizzazione dell’area emorroidaria e la considerazione che il riscontro concomitante di patologia emorroidaria e ragade anale sarebbe di natura più casuale che causate.
Secondo la teoria meccanica la ragade anale sarebbe il risultato di un ripetuto traumatismo locale da parte di un bolo fecale troppo duro o troppo voluminoso. Questa ipotesi e avvalorata dal frequente riscontro di ragade anale in pazienti sofferenti di stipsi cronica, tuttavia non ne spiega la presenza in pazienti che non hanno alterazioni dell’alvo, o che presentano, paradossalmente, diarrea.
Restano altri punti oscuri nella definizione eziopatogenetica della ragade anale:
– la localizzazione commissurale;
– l’ipertono sfinteriale.
Teoria vascolare. – Studi angiografici, eseguiti sia in vivo che post-mortem, hanno dimostrato che le aree commissurali anali sana delle zone di perfusione ematica critica. In alcuni soggetti, ed in particolari condizioni (ipertono sfinteriale), si verrebbe a creare una situazione di ipoafflusso ematico, cui conseguirebbe un alterato trofismo tissutale che potrebbe favorire la genesi della lesione.
Sintomatologia
La sintomatologia della ragade anale e caratterizzata prevalentemente dal dolore, scatenato dall’atto evacuativo.
Classicamente il dolore della ragade anale, che si manifesta in maniera acuta ed ingravescente, ha un andamento cosiddetto a «tre tempi»: dolore – pausa – dolore.
Il dolore inizia con l’evacuazione ed e provocato dalla di stensione della ragade durante il passaggio delle feci. Ad esso segue una remissione di qualche minuto, quindi l’insorgenza di un dolore intenso che puo protrarsi anche per alcune ore. Quest’ultima fase dolorosa, cosiddetta del «dolore ritardato», e dovuta all’ipertono stinteriale successivo alla distensione provocata dall’evacuazione.
Il sanguinamento è un sintomo relativamente frequente dei soggetti affetti da ragade anale, tuttavia la sua entita è generalmente modesta e contenuta al riscontro di tracce di sangue rosso vivo sulla carta igienica.
Altra caratteristica nella storia clinica della ragade anale è la riduzione di frequenza delle evacuazioni, che il paziente cerca di ritardare per la loro correlazione con l’attacco doloroso. Altri sintomi, che possono associarsi alla presenza di una ragade, seppure con frequenza variabile, sono la secrezione sierosa, o purulenta in caso di infezione, la disuria, che accompagna le forme iperalgiche, ed infine il prurito ed il bruciore, che possono costituire i soli sintomi presenti nelle forme ad espressione sintomatica modesta.
Diagnosi
La diagnosi di ragade anale può essere sospettata già all’anamnesi per le caratteristiche peculiari del dolore (intensità, andamento a «tre tempi»).
La sola ispezione consente di rilevare la presenza dell’ulcerazione canalare, di individuare la sera le (nel 90% dei casi a localizzazione posteriore, nel 90% a localizzazione anteriore, quest’ultima di quasi esclusivo riscontro nel sesso femminile) e di valutare altre caratteristiche correlate con la fase della malattia (disposizione delle fibre nel fondo della ragade, presenza di cappuccio cutaneo reattivo, presenza di fenomeni infettivi o suppurativi).
L’esplorazione digitale, quando è possibile, si presenta come una manovra difficoltosa e dolorosa e permette di rilevare l’ipertono sfinteriale, che peraltro non è obbligatoriamente presente, di escludere altre patologie eventualmente associate (ascesso intramurale, trombosi emorroidaria interna), e di confermare la presenza di una papilla ipertrofica reattiva del polo superiore.
L’esplorazione strumentale (ano-rettoscopia), se giudicata indispensabile, può richiedere una anestesia locale preliminare.
La lesione ulcerativa della ragade anale idiopatica presenta una rase acuta ed una cronica, cui corrispondono, come abbiamo detto, peculiari caratteristiche morfologiche.
Nella fase acuta la ragade esordisce come un’ulcerazione longitudinale del canale anale, superficiale ed a margini sottili, compresa tra il margine e la linea pettinata.
Il fondo della ragade presenta l’esposizione di fibre verticali, parallele all’asse longitudinale del canale anale, che rappresentano l’estensione delle fibre del muscolo longitudinale complesso attraverso lo sfintere esterno.
Nella fase cronica il fondo dell’ulcerazione presenta tessuto di granulazione e fibre disposte trasversalmente (esposizione dello sfintere interno per lacerazione delle fibre del muscolo longitudinale complesso).
Spesso sono presenti annessi infiammatori (papilla ipertrofica e cappuccio cutaneo reattivo) che possono favorire l’insorgenza di complicanze.
In particolare la papilla ipertrofica può accrescersi ed ostruire il lume del canale anale; il cappuccio cutaneo reattivo può diventare sede di processi infettivi, con formazione di un piccolo ascesso, che può cronicizzarsi e dare origine ad una fistoletta sottocutanea (ragade anale fistolizzata).
Diagnosi differenziale
Il dolore anale può originare da varie patologie ano-rettali (trombosi emorroidaria, ascessi anali, nevralgie anali), con le quali si pone la necessità di una diagnosi differenziale. Come abbiamo già detto, tuttavia, la cronologia del dolore (ritmato dall’evacuazione), la morfologia della lesione e la sua localizzazione commissurale, consentono di formulare la diagnosi di ragade anale idiopatica oppure di orientarsi verso altre patologie.
Per quanto conceme l’aspetto macroscopico della lesione, altre patologie possono originare lesioni fissurative o ulcerative del canale anale: elenchiamo le più frequenti con accenno ai dettagli utili per la loro discriminazione dalla ragade anale idiopatica.
- Retto-colite ulcerosa.
- Morbo di Crohn.
- Lue
- Carcinoma anale.
Il carcinoma squamocellulare dell’ano e l’adenocarcinoma del retto, possono coinvolgere l’epitelio del canale anale, esprimendosi, clinicamente, sotto forma di una sindrome dolorosa acuta correlata con l’atto evacuativo. Le caratteristiche morfologiche della lesione ulcerativa (margini irregolari e di consistenza aumentata) e soprattutto la tipizzazione istologica, consentono la diagnosi di natura neoplastica.
Terapia
La terapia farmacologica apporta benefici modesti e poco duraturi nel trattamento della ragade anale. Questo deriva dalla scarsa conoscenza che tuttora sussiste sui meccanismi fisiopatogenetici della malattia, con conseguente difficoltà nell’individuare principi farmacologici attivi.
Inoltre, il frequente riscontro di alterazioni anatomiche stabilizzate, o di complicanze, vanifica ulteriormente l’efficacia della terapia conservativa.
Terapia conservativa
E’ limitata alle ragadi superficiali ed alle forme croniche scarsamente sintomatiche. La terapia conservativa deve essere orientata verso due principali fronti d’azione:
– attenuazione del dolore,
– riduzione del traumatismo locale.
Attenuazione del dolore
Da tempo è riconosciuto come il calore, applicato localmente, possa alleviare il dolore presente nella ragade anale. Questo probabilmente e dovuto alla riduzione del tono sfinteriale, per cui possono risultare utili semicupi o bagni caldi, ed applicazione di piastre calde (termoforo) in regione perineale.
Possono essere utilizzati analgesici per via orale e parenterale, pomate contenenti sostanze anestetiche, ricordando che il loro uso continuato può indurre il fenomeno della tolleranza farmacologica e quindi una riduzione di efficacia. Ultimamente è stato riproposto l’utilizzo di dilatatori anali, al fine di ridurre l’ipertono sfinteriale e quindi il dolore. Tuttavia, nonostante diversi tentativi di valutazione da parte di vari Autori sulla loro utilità, non sembra documentabile una superiorità terapeutica rispetto agli altri presidi farmacologici fin qui elencati.
Riduzione del traumatismo locale
L’uso di sostanze idrofile sia naturali (crusca, glucomannano) sia sintetiche (calcio policarbophil), di lassativi osmotici (lattulosio) e lubrificanti fecali (olio di paraffina), permette di conseguire la riduzione della consistenza fecale.
E’ necessario ricordare che l’utilizzo di olio di paraffina può presentare diversi inconvenienti: può provocare una polmonite ab ingestis, se inalato accidentalmente ed interferire con l’assorbimento di farmaci e sostanze nutritive liposolubili.
Nell’ambito della terapia conservativa, trova spazio il «trattamento sclerosante» della ragade anale. Questa metodica, eseguibile ambulatoriamente, consiste nell’iniettare, previa anestesia sfinteriale, una sostanza sclerosante sotto il pavimento della ragade. Risultati a volte spettacolari, sia sulla sintomatologia che sulla cicatrizzazione, possono essere riscontrati soprattutto nelle lesioni di recente insorgenza. La terapia sclerosante è controindicata nelle forme infette.
Trattamento chirurgico
Quando il ricorso al trattamento chirurgico diviene necessario per il fallimento della terapia medica, è opportuno considerare quale tecnica utilizzare e con quali finalità.
Poichè il principale fattore responsabile del perpetuarsi della condizione patologica è l’ipertono dello sfintere interno, il primo scopo del trattamento chirurgico deve essere quello di modificarne la funzione alterata, impedendone lo spasmo doloroso. Inoltre, il ripristino della compliance del canale anale è indispensabile per ridurre la resistenza al passaggio del bolo fecale.
Infine, la coesistenza di annessi infiammatori (papilla ipertrofica, cappuccio cutaneo), se di per sè non influenza la sintomatologia dolorosa, ne impone una accurata escissione per ridurre i rischi di infezione e per facilitare l’igiene locale.
Nel corso degli anni, varie procedure terapeutiche sono state proposte per il trattamento della ragade anale refrattaria alla terapia medica o ambulatoriale. Ne ricordiamo alcune fra quelle di più frequente utilizzazione: la diatermoresezione, la divulsione anale, la sfinterotomia interna.
La diatermoresezione è tuttora utilizzata da numerosi chirurghi. Essa associa l’escissione della lesione, mediante bisturi elettrico, e la sezione di una piccola quantità di fibre sfinteriali lisce (quelle che risultano accollate, per la flogosi cronica, al pavimento della ragade).
Lo svantaggio maggiore di questa procedura, che pure ha il merito di rimuovere la lesione anatomica, consiste nel fatto che non è codificabile l’entità della sfinterotomia, che viene ad essere modulata unicamente dalla dimensione e dalla morfologia della ragade. Inoltre i tempi di cicatrizzazione sono nettamente più lunghi di quelli delle altre metodiche chirurgiche.
La divulsione anale è stata descritta da Recamier nel1838 e riproposta, in tempi recenti, da Goligher in Inghilterra. Consiste nella dilatazione progressiva del canale anale, in anestesia generale, mediante introduzione iniziale di due dita che esercitano una trazione controllata in direzione opposta; successivamente la manovra viene ripetuta con 4, 6 ed anche 8 dita quando possibile.
Da un punto di vista teorico si tratta di una procedura efficace nella risoluzione dei sintomi causati dalla ragade anale; tuttavia pochissimi studi controllati hanno valutato la sua efficacia a medio e lungo termine. Numerosi Autori, invece, hanno riportato percentuali elevate di incontinenza (20-40%), conseguente a rottura incontrollata dello sfintere anale interno.
La sfinterotomia interna e stata introdotta da Brodie, che la utilizzò nelle condizioni di «contrazione preternaturale dello sfintere anale». Nel 1938 Miles riprese la metodica, utilizzandola con orientamento empirico e senza cognizione precisa della struttura anatomica che veniva sezionata.
Nel 1951 Eisenhammer riconobbe nella struttura anatomica sezionata lo sfintere interno, erroneamente identificata da Miles come «banda pettinea», e codifico le indicazioni e le modalita di esecuzione della sfinterotomia interna.
Attualmente le due varianti più comunemente utilizzate, nella esecuzione della tecnica, sono la sfinterotomia laterale e la sfinterotomia posteriore.
La sfinterotomia laterale è sicuramente la metodica più diffusa in Europa e negli Stati Uniti, sia per la semplicità di esecuzione che per la bassissima incidenza di complicanze post-operatoriee. Presenta lo svantaggio di non trattare direttamente la lesione e gli eventuali annessi infiammatori che devono, pertanto, essere rimossi a parte. Inoltre, in caso di infezione del pavimento della ragade, non ne garantisce la risoluzione.
La sfinterotomia posteriore è appannaggio soprattutto della Scuola francese; risulta di più complessa esecuzione e gravata da sequele post-operatorie percentualmente superiori a quelle della sfinterotomia laterale.
Sebbene gli Autori anglosassoni abbiano abbandonato questa tecnica per il rischio di deformazione sfinteriale, da essi etichettata «key hole deformity», va ricordato che l’associazione recente dell’anoplastica mucosa sec. Pamaud alla sfinterotomia posteriore ha praticamente eliminato questo rischio.
La sfinterotomia posteriore con anoplastica mucosa presenta vantaggi maggiori, rispetto alla laterale, Delle seguenti condizioni:
– presenza di annessi infiammatori esuberanti;
– alterazione trofica dell’anoderma del quadrante posteriore.
E’, invece, controindicata sia nel caso di infezione del pavimento della ragade, sia nei casi in cui la ragade è concomitante ad una proctite idiopatica.
Trattamento locale
L’applicazione locale di farmaci per rilassare il muscolo dello sfintere, permettendo così che il processo di guarigione proceda senza problemi fu proposto per la prima volta nel 1994 con applicazione di unguento di nitroglicerina, e quindi calcio antagonisti nel 1999 con unguento di nifedipina e l’anno seguente con diltiazem per uso topico. Al giorno d’oggi sono numerose le preparazioni di marca disponibili nei vari paesi. Ad esempio unguento di nitroglicerina per uso topico Un trattamento combinato farmacologico e chirurgico, generalmente eseguito da chirurghi colorettali, consiste nell’iniezione diretta della tossina botulinica nello sfintere anale per determinarne il rilassamento. Questo trattamento è stato studiato per la prima volta fin dal 1993. Si deve rilevare che, in molti casi, i pazienti sottoposti a iniezione di alla fine hanno dovuto scegliere un’altra cura, in quanto le iniezioni tendono a divenire sempre meno efficaci, danna incontinena fecale.
Aggiornamenti sulla terapia della ragade anale
Trattamento proposto
Il trattamento con CREMA Aminoacidi e acido jaluronico, RAGAMIN , comporta una migrazione fibroblastica sulla sede della lesione e una “copertura” della lesione nel giro di poche ore, che risulta propedeutica alla cicatrizzazione. PROMUOVE I PROCESSI DI CICATRIZZAZIONE e la migrazione dei fibroblasti che producono collagene, sul sito della lesione.
La scomparsa del dolore, avviene entro 48 ore e la cicatrizzazione si e’ verificata nel 79% dei pazienti trattati.
Non si rilevano effetti collaterale, è ripetibile, non da’ fenomeni di incontinenza .
Prof. Fernando Spinelli – Chirurgo Colon rettale
CRC Casa di Cura Columbus Milano
THC ITALIA MILANO Accreditato S.I.C.C.R.